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INTERVISTA: Giovanni Pagogna  –  Il Trono Delle Ombre

Aggiornamento: 3 apr 2020







Presentiamo oggi con grande piacere un’intervista allo scrittore Giovanni Pagogna, autore de Il Trono delle Ombre, il primo libro della serie fantasy Le Cronache della Corona Nera, edito da Rizzoli. Nato nel 1980, vive tra i boschi delle Dolomiti ed è grande appassionato di fantasy, storia (soprattutto militare), geostrategia, politica internazionale, folklore, esoterismo ed economia, I suoi fumetti preferiti sono: Dampyr e Zagor.

Ciao Giovanni, ti diamo un caloroso benvenuto sufantasySeries.it

Le domande alle quali hai gentilmente risposto ci permetteranno di chiarirci le idee su questa tua opera e anche di conoscerti un po’ di più come persona…quindi non ci resta che iniziare!



Quali circostanze ti hanno spinto ad avvicinarti alla scrittura? Esiste un aspetto particolare della tua vita privata, se puoi dircelo, che ti ha condizionato in maniera determinante nel voler iniziare la stesura di un racconto/serie fantasy?


Nessun evento o aspetto in particolare, direi piuttosto che scrivere è stata la naturale conseguenza di svariate esperienze e interessi: la lettura mi ha fatto entrare in contatto con gli ambiti più diversi e mi ha spinto ad approfondirne alcuni, particolarmente nella sfera storico-politica. Dato che sono curioso come una scimmia, più che dagli aspetti nozionistici sono sempre stato attratto dalle dinamiche degli eventi, con la tendenza a rimuginare su scenari alternativi, rapporti causa/effetto e cose del genere. Se ci aggiungiamo la scoperta del fantasy con le sue infinite potenzialità, grazie a Dungeons&Dragons/AD&D quand’ero bambino, desiderare di creare un mio mondo da popolare, animare e far evolvere è stato quasi automatico. La scelta della scrittura come mezzo d’espressione credo dipenda dal mio carattere, poiché consente un approccio meditato e riflessivo, inoltre mi permette di esplorare il mondo dei libri (e qui non mi riferisco all’ambito editoriale, quanto alle sfide creative-stilistiche) anche dall’altro lato della barricata, un’esperienza che ha aumentato a dismisura la mia ammirazione per i grandi autori e per le loro opere.


Ho letto che le opere che ti hanno più profondamente ispirato sono state quelle di Tolkien e di George Martin, due autori che hanno fatto e stanno facendo la storia di questo genere, seppur con stili e interpretazioni diverse. Confermi? Puoi riassumerci sotto quali aspetti i tuoi libri si avvicinano alle opere dei due scrittori sopra citati, e invece cosa contraddistingue il tuo modo di scrivere dal loro?

Confermo, anche se metterei Martin in subordine rispetto a Tolkien, che considero il modello per eccellenza sotto molti punti di vista. Ho seguito un approccio simile al suo sin dalla creazione del mondo, poiché non sono partito dalla trama del romanzo per costruirvi attorno un background, bensì ho fatto il contrario, partendo dalla cartina per capire come le risorse naturali, il clima, gli ostacoli e le vie di comunicazione potessero influire sui contatti tra i vari popoli e determinarne i rapporti politici, economici e culturali, comprese le lingue. Una volta stabiliti i tratti salienti delle varie civiltà, le interazioni sono diventate quasi spontanee e in un certo senso la timeline si è arricchita da sola passaggio dopo passaggio, esattamente come le conseguenze di un evento storico si propagano alla stregua delle onde create da una pietra lanciata in uno stagno. Ho guardato a Tolkien anche per alcune scelte filosofiche dell’opera, per esempio avvicinarmi alla visione nordica della predestinazione, un argomento che sarebbe difficile riassumere in poche parole. Per chi fosse curioso, ho dedicato a questa scelta un approfondimento sul blog del romanzo (http://dietroaltrono.wordpress.com/). Terzo ed ultimo, adoro l’ampio respiro di alcune sue opere: in Tolkien si percepisce chiaramente la rielaborazione del mito, si può meditare a lungo sulle allegorie e sulle loro implicazioni morali. Inoltre non si ferma al livello dei personaggi e delle loro vicende, tutto è letto in una chiave epica, fa parte di un quadro più ampio di popoli, nazioni e intere ere. È per questo che lo considero un maestro indiscusso. Non che disprezzi il taglio picaresco alla Howard, sicuramente più leggero e dinamico, però non tocca le corde del mio animo come Tolkien. Per quanto riguarda Martin, invece, lo reputo una fonte di ispirazione per lo stile maturo, crudo e spietato della sua saga, oltre che per i dialoghi, un aspetto su cui mi sforzo di migliorare, perché nel Trono credo di non essere stato sufficientemente bravo. Gli invidio meno la vastità dell’intreccio, perché con l’avanzare dell’opera il ritmo sta rallentando un po’, al punto che negli ultimi volumi mi è sembrato quasi dispersivo. Però potrei perdonargli tutto se mi rivelasse la sorte di Snow senza farmi attendere il prossimo libro!

In quanto tempo hai concepito la struttura della storia che ti accingevi a raccontare? Avevi già in mente tutto per filo e per segno oppure hai integrato vari blocchi uno dopo l’altro?

È difficile quantificare il tempo richiesto per sviluppare la trama, perché è legata a doppio filo al resto del background, tanto che originariamente avevo proposto alla casa editrice un’opera che in pratica cominciava dalla fine del Trono. Per esemplificare quanto possa incidere questo processo, posso dirti che la prima stesura del romanzo ha richiesto circa un mese e mezzo, mentre per quello a sfondo mitologico che terminato da poco ne ho impiegati quasi sei, nonostante la lunghezza sia quasi identica. In linea di massima evito di procedere alla cieca, perché temo di creare incongruenze o di arrivare troppo avanti prima di accorgermi di essermi infilato in un vicolo cieco, con il rischio di non venirne più a capo in maniera plausibile. Preferisco pianificare a priori l’intreccio di massima e poi arricchirlo via via con i dettagli, oppure modificarlo assecondando la crescita naturale dell’opera e dei personaggi, ma senza salti nel vuoto. Andare “a braccio” senza sbavature è fattibile, ma richiede più esperienza di quella che ho attualmente. Leggendo alcune tue dichiarazioni, mi è sembrato di capire che la storia raccontata nella trilogia sia solo una parte del mondo immaginario che hai creato e in particolare copra solamente uno specifico e molto ridotto lasso temporale. Questo significa che hai già in mente di scrivere un’altra serie fantasy? Oppure che hai concepito per altri motivi un’ambientazione così vasta e solo in seguito hai deciso di raccontarne “un pezzo” attraverso un romanzo?

Esatto, il romanzo è solo una tessera del mosaico, come ho accennato anche nelle risposte precedenti. Più che parlare di un’altra serie, direi che mi piacerebbe fare luce su altri luoghi, epoche e aspetti dello stesso mondo, per contribuire a dargli sempre più vita e spessore. Il romanzo è venuto di gran lunga dopo l’ambientazione, infatti ho appunti e brani relativi a vicende distanti secoli dal Trono. Il background è senza dubbio causa dell’esistenza del romanzo, ma l’opera non è solo un effetto, quanto piuttosto un’appendice del mondo stesso.

Ricordo alcuni anni fa di aver avuto modo di scambiare qualche parola con te mentre giocavamo a World of Warcraft assieme alla comune amica Maria Irene. Personalmente vedo nel tuo romanzo qualche richiamo alle ambientazioni gotiche e tenebrose del famoso videogioco “Dark Souls”. È sbagliato supporre che alcuni videogame abbiano avuto una certa influenza sul tuo modo di concepire la scrittura e sul tuo stile?


Non posso escluderlo, tutte le esperienze contribuiscono a formare il nostro immaginario e può essere che abbia assorbito e rielaborato alcune esperienze videoludiche, ma di certo non è stata una scelta deliberata. Dark Souls per esempio è un videogioco che non conosco. Direi che l’atmosfera cupa rispecchia soprattutto la mia personalità, oltre probabilmente alle suggestioni adolescenziali date dalla scoperta dei romanzi gotici sette-ottocenteschi e dagli aspetti più ossianici e cimiteriali del Romanticismo. In questo primo volume Yanvas ricopre il ruolo di incontrastato protagonista e fautore delle vicende narrate, ma senza un vero e proprio leale compagno di viaggio con il quale interagire e aumentare la complessità della trama e delle interazioni tra i personaggi, creando maggiore empatia verso di loro. In questo senso, non hai mai pensato di introdurre una “spalla” per Yanvas, che lo accompagnasse durante buona parte dell’avventura?

No, lo snaturerebbe. Uno dei tratti salienti di Yanvas è proprio la solitudine, la maledizione di non appartenere al mondo dei vivi né a quello dei morti, privo della possibilità di crearsi una famiglia e persino di amare. Yanvas ha tutto ciò che rende potente un uomo, ma non può avere niente di quello che lo rende felice. È condannato a essere temuto, qualche volta ammirato, mai davvero accettato. Scampato il pericolo e terminate le celebrazioni, il pensiero degli umani correrà sempre alla sua natura sovrannaturale, forse demoniaca, che persino lui stesso teme, perché non riesce a capire quanto siano oscure le ombre in agguato nel suo animo. In un certo senso il suo compagno è proprio quel vuoto così palese, che lo costringe a inseguire il miraggio di qualcosa capace di colmarlo. Prima Yanvas spera che l’amore per Sylia possa risvegliare il suo cuore nero, poi persegue la vendetta e infine alimenta la sete di potere, giustificata attraverso il rapporto con i legionari caduti nell’imboscata. Insomma Yanvas, una volta immortale, diventa come Drelmyn: trova sempre un’ottima ragione per inseguire obbiettivi egoistici, incapace di ammettere che il fine ultimo è solo porre fine alla sua infelicità. Il suo sarà un percorso tormentato e non è detto che alla fine prevalga ciò che resta della sua umanità. Comunque incontrerà figure destinate a lasciare il segno, alcune nel bene, altre nel male. Per esempio in futuro torneranno con ruoli diversi alcuni personaggi del Trono, quasi fossero i fantasmi del Natale di Dickens, e credo che ne nasceranno situazioni interessanti. Sono sempre molto curioso riguardo alle mappe presenti in molti racconti fantasy. L’hai disegnata tu personalmente? Ti sei ispirato ad alcuni luoghi realmente esistenti o esistiti?

La mappa allegata al romanzo è stata disegnata da un grafico professionista, a partire da una versione di quella che utilizzo come riferimento durante la scrittura. La mia non è così bella! La cartina “fisica” da cui sono partito è frutto del lavoro di un programma che impiega frattali e parametri vari per creare il mappamondo, poi ho cominciato a elaborarla e ovviamente mi sono ispirato ad ambienti reali per rendere suggestivo e verosimile il teatro delle vicende, soprattutto nelle descrizioni. A seguito della trasformazione subita da Yanvas, oltre al suo aspetto fisico cambia radicalmente anche il suo modo di agire, di vedere le cose e distinguere tra bene e male. Hai mai pensato di raccontarci invece una storia dove il suo carattere rimanesse immutato e fosse solamente il suo lato esteriore ad incutere maggior timore ai suoi nemici?

A dire il vero no, l’idea di uno Yanvas trasformato in supersayan e ancora integro dal punto di vista morale non mi affascina. Vederlo confrontarsi di continuo con il prezzo del potere, mentire a se stesso per non farsi travolgere dalla consapevolezza di essere diventato un mostro e a suo padre perché non muoia in preda alla disperazione, mi trasmette molte più emozioni di quando sfodera la forza bruta e sbaraglia i nemici. Del resto chi di noi rimarrebbe identico dopo aver sconfitto il tempo e la morte? Quali freni inibitori ci resterebbero a fronte di un grande potere? Ci importerebbe ancora del giudizio degli altri, sapendoli destinati a vivere e morire in una frazione trascurabile della nostra esistenza? Yanvas ha paura di sé perché io ne ho delle risposte a queste domande. Oltre ai due grandi scrittori citati in precedenza, a quali serie fantasy sei particolarmente legato? Sotto quali aspetti esse ti hanno colpito?

Senza dubbio alle prime che ho letto: La Guerra delle Lance e quella dei Gemelli di Dragonlance e la prima Trilogia degli Elfi Oscuri di Salvatore. Crescendo hanno perso charme, soprattutto dal punto di vista stilistico, però vi sono affezionato perché hanno aperto una finestra su un mondo nuovo. Era la prima volta che entravo in contatto con romanzi high fantasy e mi sono trovato letteralmente rapito dalla magia di Faerun e di Krynn! Ravenloft è venuto un po’ dopo, ma anch’esso mi ha conquistato subito. Puoi anticipare qualcosa in anteprima a fantasySeries, e per i tuoi fans, riguardante la tua opera e/o i successivi volumi in corso di pubblicazione?

Rizzoli non si è ancora espressa sulla continuazione delle Cronache della Corona Nera, né in un senso né nell’altro, per cui nell’attesa mi sono dedicato ad altri progetti: ho terminato da poco un fantasy a sfondo mitologico, stavolta in un unico volume, che spero di poter sottoporre il prima possibile al giudizio dei lettori. Purtroppo trovare editori disposti a prendere in considerazione (non dico pubblicare, ma proprio anche solo valutare) fantasy “tradizionali” sta diventando sempre più difficile perché, complice la crisi economica, allontanarsi dalla triade urban-vampiri-paranormal romance oggi in voga viene percepito come un azzardo. Purtroppo l’high fantasy da mainstream del genere rischia di diventare una nicchia nella nicchia. Per questo motivo ho cominciato a lavorare a un romanzo storico: offre sfide diverse in termini creativi e mi permetterà di esplorare nuove strade, ovviamente in attesa di tornare al genere che amo di più.

Qui si conclude la nostra intervista, un grazie a Giovanni per averci dedicato un po’ del tuo tempo. Se c’è qualcosa che ti senti di aggiungere sei libero di farlo.

In chiusura vorrei rivolgere un saluto e un ringraziamento a Massimiliano, il curatore del blog fantaSyseries, per avermi dedicato questo spazio e a tutti voi per essere arrivati fino in fondo nonostante le mie risposte a volte forse prolisse. Se avete letto il romanzo, spero via sia piaciuto e vi invito a visitare anche il mio blog (dietroaltrono.wordpress.com, ndr) per saperne di più sul mondo del Trono, altrimenti mi auguro di non avervi anticipato troppo e anzi di aver destato la vostra curiosità. In ogni caso vi assicuro che mi sto impegnando per crescere come autore, affinché il prossimo libro sia migliore sotto tutti i punti di vista! :)”

A presto Giovanni!


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